Sean Connery l’intramontabile nel caloroso abbraccio dei fan

Festa del Cinema di Roma ospiti Sean Connery

ROMA – Un faccia a faccia con una leggenda del grande schermo, una delle poche viventi, non è cosa da tutti i giorni. E dunque non sorprende che il popolo della Festa del cinema tributi a Sean Connery un’ovazione vibrante, un abbraccio che più caloroso non si può, quando il divo varca il tappeto rosso dell’Auditorium. Per partecipare, a metà  pomeriggio, a un incontro con pubblico e giornalisti. Lui però – pantaloni grigi, giacca scura, camicia a righe senza cravatta – mantiene un aplomb impeccabile, non si scompone più di tanto. Anche quando rievoca il ruolo che l’ha fatto diventare una star: “Non è che guardi gli 007 molto spesso – racconta – a volte ci capito facendo zapping in tv. E rivedendoli, mi sembra che avrei potuto fare meglio…”.

Come a dire: a quel personaggio, siete affezionati più voi. Tanto è vero che subito dopo l’attore smonta anche il mito dello scrittore che ha creato l’agente segreto più famoso del mondo: “Ian Fleming? Solo uno snob”, taglia corto. Seguono poi dure critiche a Hollywood: “Ho deciso di non lavorare più perché nell’industria cinematografica c’è troppo divario tra chi capisce di film e chi ha il potere di farli”. Tanto da rendere difficile anche una sua eventuale partecipazione al progetto di un “Indiana Jones” numero 4.

Vezzi da mito della settima arte? Può darsi. Ma poi Connery si fa più serio, quando ricorda alcuni maestri che lo hanno diretto: come Alfred Hitchicock (in Marnie) e Steven Spielberg (in Indiana Jones e l’ultima Crociata, appunto). “Hanno stili diversi, ma entrambi arrivavano preparatissimi sul set. Fin dal primo giorno. Prendiamo Hitchicock: guardava subito tutto il girato. Mentre Steven ha anche una fortissima disciplina sui tempi, pur essendo comunque interessato a trovare idee alternative. E con un atteggiamento flessibile nei confronti degli attori”. Anche i grandi attori come lui: che ieri, nella pre-inaugurazione di questa Festa del cinema romana, ha ricevuto l’Acting Award, un riconoscimento alla carriera.

E anche nell’incontro col pubblico le tappe fondamentali del suo cammino trionfale nel mondo del cinema vengono puntualmente rievocate. Anche con l’utilizzo di clip tratte dai suoi film. E vedendole si scopre, ad esempio, che Connery molto spesso ha indossato panni regali: come nell’Uomo che volle farsi re di John Huston. “Forse mi fanno fare il re perché non sarei credibile come regina”, scherza lui. Fiero sostenitore dell’indipendenza della sua Scozia, ma anche nominato cavaliere da Elisabetta II.

Del resto, è il suo destino: sanguigno come un vero scozzese, è diventato – forse suo malgrado – simbolo dello stile britannico, in tutto il mondo. Anche per il suo indiscusso sex-appeal, che non lo abbandona nemmeno alla veneranda età  di 76 anni. Del resto, la rivista People lo elesse, nel 1989, l’uomo più sexy vivente; e dieci anni dopo, nel 1999, il più sexy dell’intero Novecento.

In questo debutto di Festa del cinema, però, Connery tiene a parlare soprattutto del suo lavoro. Mostrando al pubblico che lo aspetta all’Auditorium non solo gli spezzoni dei film in cui ha recitato, ma anche un vecchio documentario da lui diretto nel 1967, The Bowler and the bunnet (applauditissimo), che raccontava la situazione dei cantieri navali di Glasgow.

Ma l’ovazione più forte arriva quando viene mostrato, in un breve filmato, un suo duetto con Harrison Ford, in Indiana Jones e l’ultima crociata. E a questo punto, parlare di un eventuale quarto capitolo della celeberrima saga diventa inevitabile. “C’era un copione a cui Steven e George Lucas (in veste di sceneggiatore, ndr) stavano lavorando, ma non mi è mai arrivato – spiega – so che George non era molto convinto… forse perché Harrison Ford è ormai troppo vecchio per fare mio figlio! In ogni caso, per convincermi ad accettare, dovrebbero farmi davvero una proposta impossibile da rifiutare”. E forse solo una coppia geniale come quella formata da Spielberg e Lucas può davvero fare il miracolo.

fonte: repubblica.it

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