Nel 1986 la tragedia nell’ex città sovietica che ancora aspetta una struttura di contenimento per il reattore n°4.
E gli autori immaginano una nuova esplosione
QUANDO la fantasia si adagia sulla realtà , e la realtà sembra superare la fantasia. Una città fantasma, il contatore Geiger che ticchetta senza tregua, negozi con le vetrine fatte a pezzi da anonimi sciacalli, cancelli di ferro lasciati divorare dalla ruggine, nessun essere vivente. Tranne un gruppo di giornalisti che la Gsc Game World, società ucraina specializzata in videogiochi, ha voluto portare a Chernobyl per il tour promozionale della nuova creatura della casa. Si chiama S.T.A.L.K.E.R.: shadow of Chernobyl ed è ambientato per l’appunto nell’ex città sovietica teatro nel 1986 di una devastante tragedia nucleare.
Dire che il videogioco si ispiri alla realtà è poco perché pare che in molti casi la fedeltà al paesaggio sia quasi pedissequa, riproponendo gli stessi ambienti. “Quando esplose il reattore della centrale noi eravamo tutti dei bambini” racconta Anton Bolshakov, la mente direttiva di tutto il progetto. “Ci sentivamo paralizzati dalla paura. Pensare che l’aria che stavamo respirando portava con sé delle invisibili particelle di morte era orribile”. Per questo gli ideatori hanno scelto questa bizzarra gita, in modo che l’immersione nei luoghi, nella storia – vera – alla base del videogame, ne aumentasse l’impatto.
Per realizzarlo ci sono voluti sei anni di lavoro, e la storia ricalca il passato immaginando una seconda catastrofe nucleare causa della nascita di un’orda di uomini e animali mutanti. Il protagonista si aggira come una sorta di avvoltoio in cerca di cibo, puntando soprattutto, anche perché la scelta non è molta, su carne in decomposizione. Raggranellando punti, fiducia o inimicizia dagli altri mutanti. Uno scenario inverosimile certo, ma non troppo. Il reattore numero 4 della città aspetta ancora che venga costruita l’attesa struttura di contenimento, e pare che sia così instabile che anche solo una piccola scossa di terremoto potrebbe farlo collassare. Sembra che gli allegri gitanti, in posa vicino all’ex centrale, abbiano avuto la sensazione di stare a casa seduti davanti alla console.
fonte: repubblica.it